Il Mare un'altra storia |
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Per
tutta l’estate del 2007 ho cercato invano un tema per dipingere. Partire
dal territorio, dalla terra, pensare a una nuova serie da realizzare all’aperto
dal vero, come avevo fatto negli anni scorsi, mi risultava oltremodo difficile.
Sembrava gia tutto spremuto, o capace di produrre solo temi svogliati e
deprimenti.
Alla fine mi sono distratto, e le mie puntatine al mare si sono infittite. Qualche amico allora mi suggerì di unire l’utile al dilettevole, dipingendo il mare. Ma sulla spiaggia d’estate sotto il solleone con l’attrezzatura e poi a Petacciato? Acqua sopra spiaggia sotto? Poche idee, evaporate al sole.
Così mi sono proprio rilassato. Al mare ci andavo perché non avevo da fare, e prima di pranzo ero di nuovo a casa in montagna a fare la spesa, praticamente un part-time. E pazienza se ormai non dipingo più, mi dicevo.
Invece no. Il mare è tornato. Mi continua a fare compagnia, proprio come questa estate, quando eravamo soli io e lui tanto spesso, e di condivisione si parlava con le amiche nei messaggini. Eccolo, lui vuole condividere ancora. E tutti me lo hanno detto, fai il mare. Eccolo il mare. Dove si può andare lontano a naufragare. Ci si annega, nel mare. Anche solo a guardarlo. Tutto svanisce, nel mare. Anche il dolore.
l mare. Il cielo. Lì che si affrontano, uniscono, chiamano, rispondono, abbracciano. È così semplice che si resta incantati a vedere con quanta facilità due fasce orizzontali di colore si tramutino in mare e cielo, sembra che gli occhi non vedano altro che quello.
Presto la serie di colori che ora mi si affolla davanti svanirà, e ne resterà solo il segno che hanno lasciato passando. E io li guarderò, come si guarda il mare, ma d’inverno. Quando unirsi in un abbraccio con quella entità mitologica diventa assai difficile, praticamente impossibile.
Unirsi, condividere, allontanarsi; guardarsi nel tempo sospeso; questo parlare d’amore insomma, sembra proprio essere l’essenza stessa del dipingere il mare. È come se fosse l’immagine archetipica dell’unione intangibile, di fronte alla quale gli esseri umani primitivi dovettero provare da sempre il più grande timore, nel vedersi davanti quella immensità d’acqua apparentemente senza limiti.
Il mare, l’orizzonte e il cielo, in un gioco di specchi infinito, di cui la terra sembra essere testimone inquietante.
Ma
l’amore è innanzitutto un incontro fortuito, una insperata
sorpresa. La sorpresa di incontrare quello sguardo, di condividere quella
emozione, di ascoltare quelle parole.
Così
è il mare: una meta possente, un richiamo straziante, un percorso
misterioso.
Talvolta cielo e mare si fondono e diventano una sola sfumatura. altre volte cozzano, e restano assenti. Si regolano in base ad accordi sfuggenti, imperscrutabili. Spesso si abbracciano, anche se apparentemente restano divisi. Su queste regole si fonda anche l’amore. Sono motivi misteriosi che vi sottendono, e non è facile parlarne.
C’è
un altro sentimento che emerge da queste marine, quello dell’attesa.
Il
mare richiama una dimensione della vita assai lontana da quella presente.
La sua essenza sta in un tempo dilatato, privo di soluzioni estemporanee,
permeato dalla fatalità del destino.
Nell’amore echeggiano emozioni simili: l’attesa, il tempo sospeso, il desiderio e la paura di smarrirsi. Perché
anche nella vita si sogna sempre l’estate, di tuffarsi in un sogno,
in un’idea, in un abbraccio, di sfuggire alla persecuzione del dolore.
Talvolta l’inverno sembra non voglia più passare, e che il mare lo si possa solo guardare ogni tanto, così com’è ora: oscuro, freddo e lontano, anche se ci sfiora con la risacca. Ma
l’attesa, umiliata, germoglierà di nuovo. Fiori nuovi fioriranno,
nuovi profumi ci daranno nuove speranze, resta in cerca lo sguardo, di
altri occhi in cui naufragare.
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